venerdì 10 agosto 2007

9 agosto, dopo 18 ore arriviamo a Budapest

Mattinata lunghissima su un treno in ritardo che sembra non arrivare mai a destinazione. Dopo l’evento di ieri sera il programma del capotreno sembra essersi modificato completamente, ed il treno si ferma, aspetta altri treni e dà loro la precedenza, si ferma cinquanta minuti in una stazione e poi un’ora in un’altra. Non si può scendere dal treno. Chi ci prova, credendosi autorizzato, viene energicamente invitato a risalire. Il treno diventa allora uno spazio per parlare, per conoscersi meglio. In un momento della mattinata in ciascun scompartimento c’è almeno un quaderno aperto e una biro all’opera. Raccogliamo idee, emozioni, ricordi. Alcuni spazi sono diventati salotti in cui le persone chiacchierano, ridono, si lamentano, mangiano. L’odore del caffè viene dagli scompartimenti delle Marche, che si sono organizzati con un forellino a gas e una moca. Offrono caffè a tutti, chi lo desidera mette nella moka la propria acqua minerale e riceve in cambio un caffè profumato.

Il gruppo delle persone che desiderano partecipare alla documentazione del viaggio si raduna in uno scompartimento in genere riservato al capo treno. Un cucinotto, qualche coperta ammucchiata su un ripiano, su cui ci sediamo. Gira voce che c’è una connessione internet, accorriamo scettici ed è infatti possibile connettersi alla corrente elettrica.

Il ritmo è lento e cominciano allora a costruirsi i racconti del gruppo.

Alla stazione di Latisana, c’era in piena notte sul binario un signore con il suo cane. Ha visto arrivare il treno, in ritardo di diverse ore. Forse conosce le notti ai binari o forse ha semplicemente letto il cartellone dell’orario dei treni. Ci guarda e dice “questo treno è sbagliato!”e rimane impressionato quando dalle cuccette qualcuno che ancora non dorme gli racconta il percorso che farà il treno: “A Pechino… Gesù, Giuseppe, Maria!”. All’inizio sembra che non sia convinto della nostra spiegazione e pensa che scherziamo. Per dimostrargli che è vero Rita di Bologna gli chiede l’indirizzo. Gli spediremo una cartolina all’arrivo. Il suo nome e cognome indirizzo e cap riecheggia nel buio di una campagna deserta. E’ residente a Latisana. Ci augura buon viaggio e quando partiamo ci saluta. Rimane stranito da questo incontro notturno.

Alla notte ripetuti passaggi delle polizie doganali “passaporti”!, alle due, alle sei, e poi più tardi ancora. Slovenia, Croazia, Ungheria… attraversiamo diversi confini.

La mattina passa lenta e ci alziamo pian piano. Colazione croissant alla cioccolata sintetica e aranciata amara.

Ci domandiamo se sia necessario cambiare l’ora all’orologio? A che ora arriviamo? Alle tre e mezzo,alle quattro e mezzo? Boh. Forse dobbiamo mettere l’orologio avanti, stiamo per arrivare, ci chiediamo alle 15.00. No, purtroppo è proprio alla quattro e mezzo che arriviamo a Budapest.

Scendiamo da treno stanchissimi e puzzolenti. L’ambasciatore d’Italia in Ungheria Guido Paolo Spinelli ci accoglie in stazione, poi saliamo sui pullman: rosso, giallo …. Siamo guidati dall’agenzia come i pastori guidano le pecore.

E poi un’accoglienza ufficiale, in un parco della città vicino alla sede di una fondazione che si occupa di promozione dell’agio per persone in situazione di disagio psichico. In realtà la comunicazione non è semplice e non mi è subito chiaro che cosa faccia concretamente questa fondazione… cercando informazioni mi parlano di un day hospital… mi impegno a raccontarvi di più.

L’accoglienza è in pompa magna, è presente il rappresentante nazionale degli psichiatri, Attila Nemeth, che per creare vicinanza fa riferimento anche al calcio (sport) sapendo di trovare orecchie sensibili.

Ci parla di un momento di crisi e trasformazione nella psichiatria ungherese, e di una attenzione particolare alla rivoluzione culturale avvenuta in Italia negli anni Settanta.

Marco D’Alema ricorda come in questa evoluzione, quest’anno, l’Ungheria ha redatto una carta che sancisce come l’istituzionalizzazione non sia il principale strumento di trattamento del disagio mentale.

Renzo De Stefani sottolinea il messaggio di questo viaggio: la possibilità del fare assieme, di riconoscere che tutti hanno risorse e capacità ed esprimono un valore. Riprende la metafora dello psichiatra ungherese: la guarigione è come un viaggio. Intervengono poi i rappresentanti de “La parole ritrovate” e dell’Anpis.

Le autorità Ungheresi hanno pensato ad un gesto concreto e simbolico, vengono distribuiti nastri colorati su cui ciascuno può scrivere un pensiero. Il pensiero verrà legato ai rami di un piccolo albero. In ricordo di questo momento ed in prospettiva di ulteriori collaborazioni l’albero viene piantato,tutto è già predisposto. Chi desidera partecipa a questa operazione, l’albero è riposto nel buco, Marco D’Alema versa le prime badilate di terra, segue De Stefani, intervengono anche le autorità ungheresi e poi il badile passa di mano in mano. Anche Luca e Tuccio partecipano con energia.

3 commenti:

Webmaster ha detto...

Un abbraccio dalla base imolese!!!
Buon viaggio,
Max.

Anonimo ha detto...

Dopo aver visto l'aticolo nul gazzettino mi sono molto meravigliato, ho detto bello 250 persone che vanno in cina a spiegare di non mettere in manicomio o in galera "cosa molto brutta" persone portatrici di disagi mentali.....a più di 1.000.000.000 di persone? E mi domando di queste 250 persone a quanti interessa solo il viaggio è non il problema? E poi sempre nel gazzettino leggo che i partecipani versano 500€ e 3500€ grazie Upis e agli uffici provinciali e regionali cioé dallo stato dove anche io pago le tasse, facendo un conto 3500€ per 250 = 875000€ non si poteva fare altro senza andare i cina? Grazie divertitevi e abbiate cura di chi con voi a veri problemi e forse era meglio che stasse tranquillo a casa.

Webmaster ha detto...

Buongiorno Anonimo,
innanzitutto mi dispiace che non ti sia firmato, perché credo nel dialogo, e magari si poteva discutere civilmente rispetto ai nostri punti di vista.
Quello che posso dire da parte mia, è che il viaggio è tutt'altro che una vacanza, perché a tratti è anche impegnativo a livello fisico e mentale, e ti assicuro che non è semplice viaggiare con persone "speciali", come del resto non è semplice esserlo o conviverci tutti i giorni.
Io non posso neanche permettermi di dire nulla, perché penso di averne solo una vaga idea.
Ma quello che voglio dire, è che questo viaggio potrà aiutare veramente a superare alcuni pregiudizi, ma è solo l'inizio.
Vediamo se i Viaggiatori si daranno da fare, perché il grosso del lavoro sarà anche il dopo, e cioè documentare e diffondere il senso di questa avventura.
Un saluto ai Viaggiatori e a chi, come te e come me, è rimasto a casa.
Massimiliano.