mercoledì 1 agosto 2007

il discorso dei viaggiatori, la voce di Luca

Quello che segue è il discorso tenuto da Luca, a nome dei viaggiatori, nel contesto del saluto delle autorità ai viaggiatori, Comune di Imola, martedì 31 luglio 2007.






Questo viaggio rappresenta per noi e per tutta la nostra comunità un’occasione unica per stringersi attorno all’idea che dal disagio mentale se ne può uscire e che ciò è possibile farlo anche superando i pregiudizi che ancora oggi si generano attorno a chi soffre di un disagio mentale.
Per questo motivo ci siamo messi in gioco superando la vergogna e affrontando il rischio, che è insito nel mettersi in gioco, di essere additati e derisi. Ma se lo abbiamo fatto è anche grazie alla consapevolezza forte che abbiamo di vivere in una comunità come quella imolese in cui il tema della solidarietà sociale e della vicinanza verso chi vive più o meno temporaneamente una condizione di difficoltà è presente e ben radicata.
Con fiducia e con entusiasmo ci siamo avvicinati a questa idea di un viaggio da Roma a Pechino tanto suggestivo quanto faticoso.
Suggestivo perché ci ricorda il viaggio del grande Marco Polo verso l’oriente e la sua inestinguibile sete di conoscenza libera da moralismi o pregiudizi verso gli usi ed i costumi di genti lontane.
Faticoso perché il viaggio in sè non sarà “una passeggiata” o una gita, ma richiederà uno sforzo al quale ordinariamente non siamo abituati.
Questo viaggio per tutti noi, quelli che partiranno e quelli che - e sono in molti - ci stanno sostenendo, ha l’obiettivo di aiutare chi ha un disagio ad uscire allo scoperto ma vuole anche dare una mano a chi il disagio non ce l’ha e continua a non tollerare chi si trova in difficoltà. è anche a queste persone, che credono sia pericoloso avvicinare chi ha una difficoltà e condividere con esse momenti della vita, che va il nostro pensiero. Pensiamo a loro con tenerezza poiché li vediamo prigioniere di paure antiche ed incapaci di dialogare con se stesse e più di ogni altra cosa di trasformarsi e accogliere gli altri per quello che sono con tolleranza e fiducia.
A queste persone vogliamo dire che le relazioni umane, i sentimenti e le emozioni che da esse nascono, quando sono vere e autentiche, contengono in sè elementi di incertezza, di indeterminatezza e di preoccupazione. Le relazioni significative, non si danno immediatamente ma implicano uno sforzo, una fatica alla quale sempre più raramente ci abbandoniamo: la fatica dell’ascolto della storia degli altri fuori da schemi precostituiti.
E’ questo sforzo che le fa divenire preziose.
Che tristezza ascoltare il racconto di una mamma di una ragazza in difficoltà che, profondamente amareggiata e delusa, ci faceva capire quanto fosse difficile per chi deve ricorrere alle cure di un servizio di salute mentale mantenere una relazione affettiva. Appena la mamma del ragazzo era venuta a conoscenza della situazione della ragazza che suo figlio frequentava, aveva fatto di tutto perché questa “relazione pericolosa” avesse termine.
Ma sono altre le parole che ci riempiono di speranza e che ci piace ascoltare
Come quelle di mamma Tina che con coraggio aveva detto a se stessa, di fronte alla difficoltà del figlio che doveva tirarlo fuori, che era suo figlio e che non voleva perderlo. E così che si è rimboccata le maniche e ha fatto ogni cosa possibile per aiutarlo a stare meglio.
Lo ha fatto senza curarsi dello sguardo degli altri, senza fermarsi di fronte ai sentimenti di vergogna, con i quali, in quanto essere umano, si trovava a fare i conti.
Oggi Tina e suo marito Tuccio sono convinti che l’esperienza che in questi anni hanno fatto come genitori li abbia fatti crescere come persone.
Ora pensano di poter essere utili anche ad altri genitori che si possono trovare a vivere il dramma che loro hanno attraversato.
Ma ci conforta anche l’esperienza maturata da mamma Marisa.
la mamma di una persona che ha dei problemi psichici, e che durante la frequenza delle scuole superiori aveva cominciato a manifestare delle grandi difficoltà. Convinta di quanto fosse importante per il figlio l’inserimento nel mondo del lavoro ha chiesto aiuto ma, come lei stessa racconta, si è sentita poco ascoltata. Per chi ha una disabilità è dura trovare un posto di lavoro.
Marisa non si è persa d’animo e insieme ad altri genitori, che avevano figli con problemi simili, ha fondato una cooperativa sociale. Oggi grazie a quella caparbietà e a quella determinazione quei ragazzi lavorano, per conto di una importante azienda imolese, anche 35 ore a settimana, in base alle proprie capacità in un contesto protetto.
A queste parole vorrei aggiungere le mie.
Quelle di una persona che si è trovata a fare i conti con il disagio mentale ma che ora è riuscita a risalire la china.
Ho cominciato a fare cose che hanno alimentato la mia autostima. Ho cominciato a credere di più in me stesso ed ho stabilito un’importante relazione affettiva con una persona positiva. Oggi lavoro e durante il tempo libero mi sono assunto delle responsabilità all’interno del direttivo della polisportiva “eppur si muove” , gioco a calcio e faccio teatro.
Ho trasformato ciò che è stato disagio in impegno sociale. Un impegno al servizio di chi in questo momento ha bisogno di trovare serenità ed equilibrio.
Perché ci chiediamo, se ti ammali di cuore, o ti rompi un braccio trovi sempre qualcuno che ti sta vicino o che è addirittura pronto a manifestarti senza vergognarsi, con la sua firma sul gesso, un atto di vicinanza, di compassione e di solidarietà e quanto si tratta di dare un aiuto a chi ha un disagio mentale lo si fa con fatica e ci si sente in difficoltà? Perché?
La vita è strana!
proprio quando, e si dice da più parti, la vicinanza degli altri è la cura migliore per chi ha un disagio mentale le persone fuggono, cambiano strada pur di non incrociarti, inventano le scuse più ingenue pur di evitarti.
E quella cena con gli amici si rimanda sempre e quella telefonata non arriva mai e quell’invito ad andare al mare rimane una promessa che mai si mantiene
...piccole cose che fanno grande la nostra solitudine.
Forse abbiamo bisogno di fermarci…..guardarci intorno ed ascoltare.
Forse per ascoltare bisogna sedersi su un sasso ed aspettare.
Forse se non lo facciamo è perchè non ci sono abbastanza sassi o forse perchè non abbiamo la voglia di aspettare. In una vita in cui tutto corre veloce, noi abbiamo scelto la lentezza del treno che cullandoci con la sua cantilena ci accompagnerà a visitare terre e popoli mai visti, permettendo di fermarci, guardarci intorno, ascoltare e farci stupire dal nuovo.









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